Arezzo. Il Pionta: L'immagine della cattedrale di Santa Maria e Santo Stefano di XI secolo tra raffigurazioni, archeologia e ipotesi sulle strutture dell'alzato.

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Raffigurazioni: I dipinti che ritraggono la chiesa di Santa Maria e Santo Stefano/2

L'affresco di Spinello Aretino

Figura 1: Affresco di Spinello Aretino. Storie di San Benedetto. "Resurrezione del monaco" (1387-88).
Firenze, Chiesa di San Miniato al Monte, Sagrestia.
Foto: Michele Foti


Figura 2: Particolare dela figura precedente.
Foto: Michele Foti

Le figure 1 e 2 sono una riproduzione fotografica degli affreschi di Spinello Aretino (ca.1350 – 1410) nella sacrestia della chiesa di San Miniato al Monte a Firenze[1]. Si deve a Elisabetta De Minicis l'intuizione che la chiesa raffigurata nella figura 2 potrebbe identificarsi con la chiesa di Santa Maria e Santo Stefano sul colle Pionta. Riportiamo di seguito l'intero passo che espone le ragioni di tale identificazione. Nel resto del paragrafo cercheremo di trovare altre prove che la supportino ulteriormente.

“Un ulteriore elemento sembra confermare l'interesse di Spinello Aretino per il Duomo Vecchio: proprio in quegli anni [1387-88] l'artista lavorava alle Storie di San Benedetto nella chiesa di S.Miniato al Monte a Firenze, dove in una scena che descrive «San Benedetto che risuscita un monaco caduto sul lavoro», eseguita intorno al 1387, viene vivacemente rappresentata la zona absidale di un edificio ecclesiastico che ben si accosta , per posizione e per dovizia di particolari, con le immagini che ci sono rimaste del Duomo Vecchio. Mettendo a confronto questa rappresentazione con quella, ben nota, di Giotto nella chiesa Superiore di S.Francesco in Assisi (la Scacciata dei diavoli in Arezzo, 1297-99), si può apprezzare il punto di vista dell'artista che, pur nel suo linguaggio simbolico, colloca realisticamente in primo piano gli elementi distintivi del luogo, ed immediatamente percepibili dallo spettatore che, per il Duomo di Arezzo, s'identificano nella visione delle absidi che dominavano il paesaggio in maniera incontrastata. Sull'estremo lato sinistro, inoltre, è rappresentato un secondo edificio ecclesiastico con la facciata in primo piano (si vedono le monofore della navata principale ed una vetrata archiacuta sotto al colmo del tetto in facciata) che potrebbe identificarsi con l'antica chiesa di S.Maria e S.Stefano, all'epoca del pittore ancora ben conservata. La posizione di questo edificio in relazione a quella del Duomo vecchio è quella riproposta da un prototipo, diffuso a partire dal cinquecento (subito dopo la distruzione del Duomo da parte di Cosimo de Medici), che vede nel dipinto murale del Buonamici il suo modello per la fedele rappresentazione delle absidi del San Donato. Ci sembra, quindi, plausibile proporre per l'affresco dello Spinello una diretta ispirazione, nel rappresentare le architettura della scena nel San Miniato di Firenze, alla sua patria di origine dove, d'altronde, si recava di frequente e dove, proprio negli anni in cui eseguiva gli affreschi della Storia di San Benedetto (1387), la città aveva molto sofferto a seguito della peste, elemento distruttivo che ben si accorda simbolicamente con il gesto del maligno del diavolo che distrugge il muro perimetrale della chiesa ricordando la continua opera di distruzione che l'area dell'antico complesso episcopale andava subendo.”[2]

Aggiungiamo che la città di Arezzo dovette subire in quegli anni altre calamità a causa di eserciti stranieri e assistette alla fine definitiva della sua autonomia. Nel 1380 cadde nelle mani di Carlo di Durazzo, l'anno seguente fu devastata dalla compagnia di ventura di Alberigo di Barbiano e nel 1384, conquistata da Enguerrand de Coucy, fu venduta ai fiorentini. Dunque si può veramente ipotizzare, a partire dallo spunto di Elisabetta De Minicis, che il crollo delle mura della chiesa di cui si sta parlando, raffigurata nella sagrestia di San Miniato, voglia simbolizzare la nuova sorte della città di Arezzo. Spesso infatti, come afferma la stessa De Minicis nel passo appena citato, l'intera città era simbolizzata dal suo Duomo. A sostegno di questa lettura “politica” del dipinto vale forse la pena ricordare che Benedetto degli Alberti, il committente degli affreschi di San Miniato a Monte eseguiti da Spinello, era stato da poco poco bandito da Firenze e che la sua famiglia era originaria del Casentino, un tempo nella diocesi di Arezzo e oggi nella provincia della stessa città. E se così fosse questa raffigurazione rappresenterebbe una tragica premonizione di quello che succederà circa due secoli dopo, cioè la reale distruzione del Duomo da parte di Cosimo de Medici.[3] “Il ciclo, pur realizzato in uno spazio architettonico legato dal 1373 alla congregazione olivetana viene eseguito grazie alla donazione e ai lasciti testamentari di Benedetto degli Alberti, morto nel 1388. Presenta quindi una importante testimonianza, non solo come primo ciclo definito illustrante la vita di San Benedetto in area toscana, ma come frutto di una mediazione tra la committenza monastica e quella borghese.”[4]

Il ciclo di affreschi della sacrestia della chiesa di San Miniato a Monte è composto da sedici episodi della vita di San Benedetto. Quello di cui stiamo trattando, la “Resurrezione del monaco” (Dialogi, II, IX), rappresenta un evento della vita del santo ambientato durante durante la costruzione del monastero di Montecassino[5]. “Spinello sintetizza la scena in due momenti essenziali: a sinistra il convento, teatro della tragedia, mostra i suoi muri crollati e il monaco ancora sommerso dalle macerie, mentre un demone osserva compiaciuto la sua opera distruttrice; sulla destra un più largo spazio è riservato all'intervento di Benedetto che, affiancato da Mauro e Placido, risuscita il confratello ancora adagiato sul telo utilizzato dai monaci per ricomporne i resti. L'immagine delle macerie ci offre un esempio della varia utilizzazione di schemi fissi per esigenze diverse. Si veda infatti l'affresco di pochi anni precedente il nostro, nella Cappella Castellani in Santa Croce a Firenze [Figura 3], che illustra le tentazioni di Sant'Antonio. Il confronto mostra le precise corrispondenze dei tipi architettonici, delle macerie e delle figure del demone che si sporge ad osservare la scena. Affinità che in questo caso stanno inoltre ad indicare i rapporti tra Agnolo Gaddi e la sua bottega (ai quali si deve la decorazione della cappella) e lo stesso Spinello, rapporti concretizzabili se non altro nella committenza comune ai due artisti di Benedetto degli Alberti”[6].

Spinello Aretino raffigura negli affreschi della sacrestia di San Miniato al Monte la facciata di undici chiese, delle quali riportiamo alcuni esempi (Figure 4, 5, 6). Nove di esse prendono spunto abbastanza chiaramente dalla chiesa rappresentata da Agnolo Gaddi in alto a sinistra nell'affresco appena incontrato. Inoltre la tipologia di queste facciate è quella tipica del periodo gotico. Si noti in particolare il timpano superiore che si eleva al di sopra del livello delle coperture. A Firenze ritroviamo queste forme nella stessa San Miniato al Monte, Santa Croce e Santa Maria Novella. Tra quelle disegnate da Spinello le uniche chiese che si discostano da questa tipologia sono proprio quelle raffigurate nella Risurrezione del monaco. Come si può notare osservando questo affresco, la chiesa in secondo piano sulla sinistra è assimilabile con molta evidenza ad una chiesa romanica che perlomeno non discorda nella forma con altre diffuse nel territorio aretino (la chiesa di Santa Maria della Chiassa (Immagini nella sezione Struttura >>) e la Pieve a Socana, valgano come esempio, sebbene rifatte e rimaneggiate testimoniano e rimandano comunque a questa tipologia).



Figura 3: Affresco di Agnolo Gaddi. Tentazioni di Sant'Antonio (13--). Firenze, Chiesa di Santa Croce, Cappella Castellani.


Figura 4: Affresco di Spinello Aretino. Storie di San Benedetto. Particolare di una chiesa.
Firenze, Chiesa di San Miniato al Monte, Sagrestia. 1387-88
Foto: Michele Foti


Figura 5: Affresco di Spinello Aretino. Storie di San Benedetto. Particolare di una chiesa.
Firenze, Chiesa di San Miniato al Monte, Sagrestia. 1387-88
Foto: Michele Foti


Figura 6: Affresco di Spinello Aretino. Storie di San Benedetto. Particolare di una chiesa.
Firenze, Chiesa di San Miniato al Monte, Sagrestia. 1387-88
Foto: Michele Foti

In questa sezione verrà descritta in dettaglio la chiesa di S.Maria e S.Stefano. In questa sezione ci limitaremo alle informazioni desunte dalle evidenze materiali (le fondamenta e parti della cripta) che sono riemerse negli scavi degli anni Sessanta del Novecento.


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Raffigurazioni/3: Il rilievo conservato nel Museo Diocesano

Note

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[1] Sulla Chiesa di San Miniato: F.GURRIERI, L.BERTI, C.LEONARDOLa Basilica di San Miniato al Monte a Firenze, Firenze, Cassa di risparmio di Firenze, 1988


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[2]E.DE MINICIS, A.MOLINARI (a cura di), I nuovi scavi sulla collina del Pionta ad Arezzo: una cittadella vescovile tra alto e bassomedioevo. Notizie preliminari, in “Archeologia Medievale”, 2003, XXX, pag.308


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[3]Al contrario in CALDERONI MASETTI, Spinello Aretino giovane, Firenze, Centro Di, 1973, pag. 27 viene affermato che l'immagine voglia esaltare Firenze, dato che la chiesa in costruzione alluderebbe ai lavori in opera alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Ciò però non pare corretto dato che il messaggio generale della scena (nella parte sinistra) è quella delle macerie, della distruzione e della tragica morte del monaco. Un tema che come vedremo a breve è ripreso da un affresco di Agnolo Gaddi, dove a essere distrutto è il dormitorio del Santo.


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[4]P.CASTELLI (a cura di), Iconografia di san Benedetto nella pittura della Toscana : immagini e aspetti culturali fino al 16. secolo Firenze, Centro d'incontro della Certosa di Firenze, 1982, pag. 135


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[5]Come risuscitò un monachino schiacciato sotto un muro. Un'altra volta mentre i fratelli erano fuori a rialzare un muro, e il padre, nella sua cella attendeva all'orazione, gli apparve il Nemico, e gli disse ghignando: “Vo a fare una visitina ai fabbricati”. Subito Benedetto manda uno di corsa a fare avvisare i fratelli: “Attenti a pericoli; c'è il maligno”: Ma sì! Lui aveva fatto più presto del messo che quando arrivò la disgrazia era già seguita. Caduto il muro, aveva seppellito sotto le macerie un povero monachino (…). A.FIORINI, Vita e miracoli di san Benedetto, Roma, Abbazia di s. Paolo, 1954, pag.82


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[6]PATRIZIA CASTELLI (a cura di), Iconografia di san Benedetto nella pittura della Toscana, cit. pag. 180-182