Raffigurazioni: I dipinti che ritraggono la chiesa di Santa Maria e Santo Stefano/1
Figura A: Affresco di Pietro Buonamici del 1597 che descrive la cittadella fortificata sul colle Pionta distrutta da Cosimo I de Medici nel 1561. Arezzo. Palazzo vescovile.
Dubbi e certezze sulla rappresentazione della chiesa di S.Maria e S.Stefano
La raffigurazione più importante e più riprodotta della collina e della cittadella vescovile del Pionta è quella di Pietro Buonamici del 1597.
Il dipinto “riveste un sicuro valore documentario per l'evidenza fotografica con cui si è voluto fissare il ricordo di un monumento, distrutto da solo qualche decennio”[1]. Così scrive nel suo celebre saggio del 1978 De Angeli D'Ossat. Il dipinto a cui si riferisce è quello del Buonamici realizzato nel 1597, che si trova oggi su di un soprapporta del Palazzo vescovile, al primo piano in cima allo scalone d'ingresso. Il monumento di cui si è voluto conservare il ricordo è il Duomo di San Donato, rappresentato all'interno del complesso vescovile cinto da mura, raso al suolo nel 1561. Lo stesso autore propone nello stesso testo l'identificazione tra la ex cattedrale di S.Maria e S.Stefano e l'edificio absidato che si trova in basso a sinistra nel dipinto.[2] Allo stesso modo, secondo Mario Salmi, l'affresco del Buonamici “riproduceva grosso modo entro le mura della sede vescovile, oltre il tempio di San Donato una chiesetta che corrisponde come ubicazione a quanto gli scavi ci hanno restituito. Ma le sue proporzioni non sono giuste; hanno solo un valore indicativo, ed accertano che, decaduta e abbandonata fino dal tempo del Vasari, la chiesa non si considerava più come una delle due vetuste cattedrali”[3]. Per Angelo Tafi, invece, questo dipinto murale non accenna in nessun modo all'antica basilica e si chiede come mai il Buonamici non abbia raffigurato la cattedrale di S.Stefano. Secondo lui è possibile che il pittore non abbia rappresentato la detta chiesa perchè questa si trovava “fuori campo” sulla sinistra. Una “realistica rappresentazione dello stato di cose” è ben raffigurata, secondo lo studioso, da una tela di un anonimo seicentesco conservata nel Duomo di Arezzo (riprodotta qui sotto), sebbene la distanza tra i due edifici (la Basilica di S.Maria e S.Stefano e il Duomo di San Donato) sia stata ravvicinata dal pittore[4]. Dello stesso avviso è Melucco Vaccaro, secondo la quale l'edificio absidato che si trova in basso a sinistra nel dipinto del Buonamici corrisponde all'antico Oratorio di Santo Stefano di cui parlano alcune fonti trecentesche >> e racchiudeva al suo interno la cripta >> che ancora oggi si può esplorare sul colle Pionta (inglobata dal nuovo oratorio di Santo Stefano >> nel Seicento). Anche secondo la detta autrice la chiesa di Santa Maria e Santo Stefano era posizionata “fuori quadro”, in basso a sinistra, poiché il pittore ha raffigurato unicamente gli immediati dintorni del Duomo. La chiesa di S.Maria e S.Stefano, cioè, l'unica di cui sono conservati i resti archeologici, è stata esclusa dalla prospettiva, a causa del punto di vista prescelto dal Buonamici. “Tale esclusione si giustifica inoltre pensando che sia stato raffigurato solo il nucleo di Pionta attorno al San Donato, in una fase in cui con il trasferimento in città della nuova cattedrale, la vecchia era da tempo deserta e diroccata”[5]. E' da escludere, sempre secondo Melucco Vaccaro che tale edificio absidato possa essere identificato con la cattedrale Santa Maria e Santo Stefano. Porta come prova due dipinti che rappresentano la chiesa una accanto all'altra (Figure B e C). Aggiunge la studiosa che “se il dipinto del Buonamici è considerato fedele ed attendibile per quanto riguarda la situazione topografica, gli accessi, il percorso delle mura e la raffigurazione dell'abside del Duomo Vecchio, non risulterebbero spiegabili sia l'eccessiva piccolezza della supposta cattedrale primitiva, sia che essa è rappresentata con un abside, invece che con tre”[6].
Figura B: Pietro Bonamici. 1592. Le tre cattedrali di Arezzo. Da sinistra: Cattedrale di Santa Maria e Santo Stefano, Duomo di San Donato sul colle Pionta, Duomo di San Donato all'interno delle mura di Arezzo. Fonte: A. TAFI, Pionta: Il Vaticano aretino, Cortona, Calosci, 1995
Figura C: Anonimo seicentesco. Tela raffigurante la Cattedrale di Santa Maria e Santo Stefano e il Duomo di San Donato, derivato forse sia dal dipinto nell'immagine precedente (figura B), sia dal dipinto di Buonamici che rappresenta le mura della cittadella vescovile (figura A).
Figura D: Ubaldo Pasqui. Ricostruzione delle cattedrali sul colle Pionta. Sulla base del dipinto rappresentato nella figura C.
Analisi del dipinto
Si sa che spesso i tracciati viari e quelli delle mura di cinta sono delle tracce indelebili nel territorio, anche a distanza di millenni. Si propone un confronto tra l'assetto viario raffigurato dal Buonamici, quello desumibile da una mappa del catasto del 1825[7] e quello recente sul colle Pionta.
Prima ipotesi
La strada sull'estrema sinistra dell'affresco (lettera A, figura 1) coincide con la strada A della figura 2. Nel dipinto questa via conduce ad un portale (B) e oggi a un incrocio di vie, luogo idoneo per ipotizzare la presenza di una porta d'ingresso. Il portale B (figura 1) conduce per mezzo di una strada ( C) ad un secondo portale (D). Si noti che il punto D nella figura 2 è un altro luogo idoneo alla presenza, un tempo, di un portale. Spostiamoci ora verso la parte destra dell'affresco e notiamo che la strada che attraversa i campi coltivati contrassegnata dalla lettera E sia orientata in modo simile allo stradone che oggi conduce alla sede della facoltà universitaria di Lettere e Filosofia (E, fig.2). E' un'altra coincidenza, o forse no, che la piccola strada (indicata nella mappa con una linea singola) contrassegnata con la lettera E nella figura 3 del 1825 abbia anch'essa lo stesso orientamento. La strada F (figura 1) sembra coincidere con la strada F (figura 2) e con quella F (figura 3). La strada G sul dipinto del Buonamici (figura 1) potrebbe corrispondere con la strada G nella figura n° 2 e nella figura n°3.
Secondo questa ipotesi consegue che:
1) Il sacello/edicola in alto a sinistra del dipinto (lettera I, figura 1) potrebbe verosimilmente coincidere con la cripta dell'oratorio di Santo Stefano tutt'ora in piedi sul Colle Pionta (lettera I, figura 2).
2) L'edificio absidato posizionato in basso a sinistra nel dipinto si trovava all'incirca nel punto H nella figura 2, e non coincide con la chiesa rinvenuta negli scavi archeologici.
Figura 1. Affresco di Pietro Buonamici del 1597 che descrive la cittadella fortificata sul colle Pionta distrutta da Cosimo I de Medici nel 1561. Arezzo. Palazzo vescovile.
Figura 2. Pianta del colle Pionta verso il 1930-40, orientata come il dipinto di Pietro Buonamici. Fonte: A. TAFI, Pionta: Il Vaticano aretino, Cortona, Calosci, 1995
Figura 3. Il colle Pionta nel 1825. Pianta orientata come il dipinto di Pietro Buonamici. Dal Catasto Lorenese. Archivio di Stato di Arezzo. Sezione B3.
Seconda ipotesi
La strada sull'estrema sinistra del dipinto (figura 4, lettera A) coincide con la strada A della figura 5. Tale coincidenza sarebbe visibile anche dalla mappa del 1825 (figura 6, lettera A). Da ciò si può affermare che l'edificio in basso a sinistra del dipinto (B, figura 4) sia posizionato rispetto alla strada in modo incredibilmente simile alle fondamenta della chiesa archeologicamente attestata (B, fig.5). La strada contrassegnata nel dipinto con la lettera A conduce al portale e all'incrocio di vie (lettera C) nella figure 4 e 5. Di fronte alla chiesa così individuata sul dipinto c'è l'edicola o forse la sezione di un tempietto (F, figura 4). Nella figura n° 5 si può notare che di fronte alla chiesa (B), a pochi metri sulla destra c'è, segnato con la lettera F, l'oratorio seicentesco di S.Stefano e la più antica cripta scavata nella roccia. Si vuole ipotizzare che l'entrata dell'ambiente ipogeo fosse posizionata nello stesso luogo in cui si trovava l'edicola/tempietto del dipinto. In questo caso il pittore avrebbe, per esigenze prospettiche, allineato la chiesa con il piccolo edificio.
Da questa ipotesi ne consegue che:
1) Il sacello/edicola in alto a sinistra del dipinto (lettera F, figura 4) potrebbe verosimilmente coincidere con la cripta dell'oratorio di Santo Stefano tutt'ora in piedi sul Colle Pionta (lettara F, figura 5)
2) L'edificio absidato posizionato in basso a sinistra nel dipinto (lettera B, figura 4) coincide con la chiesa rinvenuta negli scavi archeologici (lettera B, figura 5).
Nel dipinto del Buonamici notiamo che l'edificio B sia quasi circondato e inglobato dal muro di cinta della cittadella. Un documento del 1084 ci fa sapere che la chiesa di Santa Maria e Santo Stefano “era delimitata da un murum limitrofo” certamente più antico dell' XI secolo, “facente parte molto probabilmente delle fortificazioni della cittadella vescovile”[8]. Ricordiamo inoltre la presenza di “strutture murarie individuate nel limite N/E [lettera D della figura 7, coincidenti forse con la sezione di muro D della figura 4] dell'area di scavo, pertinenti forse al muro di cinta della cittadella ed a strutture ad esso connesse”[9]. Si vuole inoltre ipotizzare che la sezione ad angolo del muro di cinta indicata con la lettera E nella pittura (figura 4) coincida con il muro ad angolo retto E (fig.5) rinvenuto negli scavi e considerato la struttura portante di un edificio annesso alla chiesa. S.Amerighi e A.Molinari ammettono la possibilità che lo spazio compreso tra la la chiesa e questo muro possa “trattarsi di uno spazio aperto, di un cortile recitantato”[10]. Occorre spendere qualche parola inoltre sulla forma dell'edificio rappresentato. La presenza di una navatella laterale di minori dimensioni rispetto a quella centrale ben si accorda con la pianta dell'edificio emersa dagli scavi. La copertura a doppio spiovente e coincide con la rappresentazione della chiesa attribuita a Spinello Aretino, della quale parleremo nella sezione Raffigurazioni 2 >>. Coincide inoltre con un edificio ecclesiastico accanto a un campanile nel rilievo in terracotta di cui parleremo nella sezione Raffigurazioni 3 >>, e con la morfologia di molte chiese aretine costruite nell'XI secolo. Questi indizi permettono di supportare l'ipotesi, avanzata anche da Mario Salmi, della coincidenza tra la chiesa rinvenuta negli scavi e quella rappresentata in basso a sinistra del dipinto. In questo caso l'informazione più importante che ci offre la raffigurazione del Buonamici riguardo alla chiesa di S.Maria e S.Stefano è la conferma che essa aveva un tetto a doppio spiovente nella navata centrale e a spiovente unico nelle due navate laterali.
Figura 4. Affresco di Pietro Buonamici del 1597 che descrive la cittadella fortificata sul colle Pionta distrutta da Cosimo I de Medici nel 1561. Arezzo. Palazzo vescovile.
Figura 5. Pianta del colle Pionta, orientata come il dipinto di Pietro Buonamici. 2005.
Figura 6. Il colle Pionta nel 1825. Pianta orientata come il dipinto di Pietro BuonamiciDal Catasto Lorenese. Archivio di Stato di Arezzo. Sezione B3.
Figura 7. Pianta dei resti archeologici della chiesa di Santa Maria e Santo Stefano. Sono evidenziate le strutture murarie (e il probabile edificio di cui facevano parte) attribuite al periodo successivo all'XI secolo.

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Raffigurazioni/2: L'affresco di Spinello Aretino
Note
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[1]G.DE ANGELIS D'OSSAT, "Il Duomo Vecchio" di Pionta, in "Palladio", 1978, XXVII, 3/4, pag.8.
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[2]Ibid. pag.11
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[3]M.SALMI, Civilta artistica della terra aretina, Novara, De Agostini, 1971, pag.49.
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[4]A. TAFI, Pionta: Il Vaticano aretino, Cortona, Calosci, 1995, pagg. 102-103, 160 e segg.
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[5] A. MELUCCO VACCARO (a cura di), Arezzo. Il colle del Pionta, Il contributo archeologico alla storia del primitivo gruppo cattedrale, Arezzo, Provincia-Progetto Archeologia, 1991, pag. 66
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[6]Ivi.
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[7] Archivio di Stato di Arezzo. Catasto Lorenese. Sezione B3, 1925
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[8]E.DE MINICIS, A.MOLINARI (a cura di), I nuovi scavi sulla collina del Pionta ad Arezzo: una cittadella vescovile tra alto e bassomedioevo. Notizie preliminari, in “Archeologia Medievale”, 2003, XXX, pag.305
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[9]C.TRISTANO, A.MOLINARI (a cura di), Arezzo: il Pionta. Fonti e materiali dall'età classica all'età moderna, Arezzo, Rotary Club, 2005, pag. 128
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[10]Ibid., pag.
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